Anni: 2014 – 2016
Paola Venuti Ph.D. – Professore di Psicopatologia Clinica – Università degli Studi di Trento.
Alessandro Failo – Dottorando di ricerca – Università degli Studi di Trento.
Introduzione
Il dolore è un sintomo molto frequente nel corso di una malattia e, fra tutti, è quello che più pesa e impaurisce il bambino, oltre la famiglia. Comprenderlo, studiarlo e trattarlo, diventa ancor più importante quando divenendo cronico si trasforma in malattia assumendo una connotazione più ampia. Una Task Force Ministero della Salute creata per studiare un modello di assistenza funzionale e realizzabile anche in ambito pediatrico ha evidenziato che stimoli dolorosi non trattati adeguatamente in età pediatrica hanno effetti importanti sulla prognosi attuale e futura del piccolo paziente (Benini et al., 2010).
Le conoscenze raggiunte consentono una diffusa pratica dell’analgesia, eppure ancora oggi, nella realtà clinica, la gestione del dolore nel bambino è spesso affrontato in modo non adeguato (Jacob et al., 2008; Blount e Loiselle, 2009; Benini et al., 2010).
Per questo motivo abbiamo pensato ad uno studio in grado di cogliere la complessità della sofferenza adottando come quadro teorico di riferimento il modello biocomportamentale del dolore pediatrico formalizzato da Waldron e Varni nel 1994 (Axia, 2004; White e Farrel, 2006): il modello ipotizza che le strategie di coping siano un fattore importantissimo che interviene nel delineare le differenze individuali nella percezione del dolore, nella reazione comportamentale allo stesso e nella determinazione dello stato funzionale dell’organismo (Varni, 1989, 1995; Axia, 2004; Berrin et al., 2007; Ryee, 2011).
L’età gioca un ruolo importante nella scelta delle strategie di coping più efficaci per affrontare una situazione stressante (Band e Weisz, 1988; Bull e Drotar, 1991; Compas, 2001, Currier et al., 2009).
In generale, i bambini più grandi utilizzano maggiormente strategie di coping cognitive e strategie di controllo secondario (adibite a massimizzare la propria capacità di convivere con una situazione stressante), rispetto a bambini più piccoli (Rudolph et al, 1995; Ziadni et al., 2012).
Sulla base dei risultati riportati dalla letteratura americana (Altshuler e Ruble, 1989; Wilson et al., 1997; Herlin 2008; Melissa e Reeves, 2012), si potrebbe ipotizzare che anche i bambini italiani prediligano progressivamente strategie di tipo cognitivo con il crescere dell’età, quindi che i più grandi preferiscano tecniche di distrazione e autoistruzioni cognitive e che i bambini più piccoli preferiscano chiedere aiuto e conforto agli altri. I risultati di uno studio italiano e francese (Bonichini e Axia, 2000; Spicher 2003) hanno messo in evidenza una preferenza a tutte le età per la strategia di Supporto Sociale nei bambini ospedalizzati.
La preferenza di strategie di tipo Supporto Sociale nel campione italiano, confermate anche nel nostro studio, rispetto a quello americano, potrebbe essere legata a modelli diversi di parenting, quindi legato alla cultura di appartenenza. C’è però da sottolineare che nell’ambito della malattia cronica vi sono poche ricerche empiriche che valutano come le caratteristiche temperamentali dei bambini possano influenzare l’adattamento e moderare la scelta di diverse strategie di coping, così come stress e coping nonostante siano strettamente interconnessi, vengono normalmente valutati separatamente con misure diverse per poter comprendere la relazione dinamica tra stress il coping (Pretzlik e Sylva, 1999; Bonichini e Moscardino, 2010).
Vi sono invece studi specifici sulla relazione tra rabbia, strategie di coping, i relativi stati d’animo e gli aspetti psicosomatici nei bambini e negli adolescenti (Miers et al., 2007). Le implicazioni emotive sono dunque un aspetto importante nella gestione del dolore e dei vissuti ad esso legati come l’ansia, la rabbia, la paura o la tristezza (Shepherd et al., 2010). Dal momento che un fattore chiave è l’accettazione della condizione di malattia, gli adolescenti possono nascondere le loro risposte emotive al dolore (Ameringer et al., 2010); di conseguenza, l’utilizzo dei test grafici come tecniche proiettive nell’ indagare questi vissuti può rappresentare una metodologia veloce anche se non sempre inequivocabile (Tambelli et al., 1995), pertanto è importante confrontarli tra loro per ottenere una buona attendibilità (Serraglio, 2011).
La capacità di autogestire la sofferenza diventa quindi di grande importanza per quelle condizioni dove il supporto sociale non è sufficiente, o, può integrarsi con esso (Logan, 2012). Le Tecniche Non Farmacologiche (TNF) sono ampiamente utilizzate nel bambino per il controllo del dolore da procedura e dell’ansia e paura che ne deriva; sono tecniche psicologiche derivate dalla teoria cognitivo comportamentale, e possono essere applicate da chiunque sia preparato (medici, infermieri, genitori, volontari) (Vessey e Carlson 1996; Pederson e Harbaugh, 1999; Donnell, 2002); si utilizzano anche nel dolore cronico in quanto complementari alla terapia antalgica (Ekwueme, 2009; Best Practice, 2010). Lo scopo delle TNF è quello di allontanare la mente del bambino dal dolore e paura che sta vivendo in quel momento, tramite un processo di dissociazione mentale che permette il raggiungimento di uno stato di trance in cui è possibile controllare le sensazioni fisiche dolorose (Lambert, 1999; Caprilli, 2010; Kuttner, 2006, 2011).
Vi sono vari esempi internazionali di gestione del dolore in termini globali con programmi dedicati sia nell’emergenza (Illinois EMSC, tra Illinois Department of Public Health e Loyola Medical Center) che per il dolore acuto, cronico, totale in un’ ottica di continuum delle cure (Children’s Hospitals and Clinics of Minnesota; The Pain Management Program is part of the Department of Anesthesiology and Critical Care Medicine at The Children’s Hospital of Philadelphia). In Italia tra le realtà più attive troviamo il Servizio di Terapia del Dolore e Cure Palliative dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer di Firenze; il Centro regionale Veneto di Terapia Antalgica e Cure Palliative Pediatriche e il Servizio di Controllo del Dolore Cronico e le Cure Palliative Pediatriche dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova.
Scopo e ipotesi di ricerca
Vogliamo verificare tramite un protocollo di ricerca che abbiamo già messo a punto, se esistono differenze nel modo in cui bambini e preadolescenti affrontano la sofferenza nelle gravi patologie con una componente importante di dolore. Per farlo approfondiremo nello specifico i vissuti e le correlazioni con il dolore e le strategie di fronteggiamento ad esso associato a livello:
a) infragruppo (capire come e se si differenziano i bambini con una leucemia rispetto a quelli con un
tumore solido),
b) intergruppo (oncologiche vs reumatiche vs fibrosi cistica vs malattie rare),
c) per fasce di età (7-10 anni vs 11-14 anni). Analizzare nello specifico i vari vissuti permetterà sia di avere una rappresentazione significativa della sofferenza dei bambini nei vari gruppi sia un profilo individuale per singolo bambino.
Parallelamente a questo punto vorremmo sviluppare ed incrementare le metodologie di supporto per ogni bambino, quindi le Tecniche Non Farmacologiche di controllo del dolore (TNF) quali Distrazione,
Rilassamento, Visualizzazione, Desensibilizzazione, Respirazione. Vorremmo quindi verificare l’efficacia di queste proposte tramite:
a) la strutturazione di un programma di formazione per gli operatori che a vario titolo di occupano della sofferenza dei bambini e dei loro genitori; b) dare la possibilità ai genitori, tramite gli operatori, di capire quali strategie adottare per supportare i loro figli; c) fornire strumenti e tecniche agli operatori per gestire gruppi di intervento con i ragazzi dove potranno discutere le modalità di fronteggiamento disfunzionali per renderle più efficaci. Metodologia
La ricerca verrà portata avanti utilizzando metodologie sia di tipo quantitativo che qualitativo necessarie
per le finalità precedentemente descritte.
Il progetto consisterà in due fasi:
- raccolta definitiva del campione e analisi quantitativa delle strategie di coping
- sperimentazione di un modello di formazione per gli operatori a supporto di bambini e preadolescenti per le procedure di fronteggiamento e successiva messa a regime della formazione.
Campione
La ricerca è stata preceduta da un progetto pilota che ha evidenziato la necessità di approfondire i dati raccolti ampliando il campione: fino ad ora siamo arrivati a 40 soggetti in età evolutiva. Questo studio condotto nelle U.O. di pediatria di Trento con Direttore la Dott.ssa Annunziata Di Palma e Rovereto con Direttore il Dott. Ermanno Baldo verrà svolto su un campione totale di almeno 50 bambini suddivisi in due fasce di età: 25 bambini (7-10 anni) e 25 pre-adolescenti (11-14 anni) maschi e femmine di qualsiasi nazionalità (purché comprendano la lingua italiana ad un livello tale da potersi esprimere fluentemente) che si trovano in un reparto di degenza della Pediatria dell’Ospedale Santa Chiara di Trento e dell’Ospedale di Santa Maria del Carmine di Rovereto. Reclutare quindi in totale almeno 50 bambini.
Strumenti
Gli strumenti che verranno utilizzati per l’analisi quantitativa (fase 1) sono:
- Scala Visiva Analogia numerica correlata alla Wong-Baker Faces Pain Rating Scale (metodi cognitivi di autovalutazione sull’intensità del dolore).
- Questionario su come i bambini reagiscono al dolore PPCI -Pediatric Pain Coping Inventory-(coping, aspetti comportamentali).
- Test carta e matita: Disegno della Persona di Machover, Disegno della Famiglia, Reattivo dell’Albero di Koch (proiettivi, aspetti emozionali).
- Matrici Progressive di Raven CMP e SPM (intelligenza fluida e strategie cognitive di coping) -solo in caso di insufficienza delle informazioni riguardanti le capacità cognitive del partecipante Gli strumenti che verranno utilizzati per l’analisi qualitativa (fase 2) sono:
- Osservazione sistematica e schede di verifica per la valutazione degli interventi.
Ricadute cliniche
La ricaduta clinica sarà tangibile visto che i dati che emergeranno da questa ricerca saranno disponibili per la psicologa del reparto, i medici e gli infermieri, potendo così pianificare degli interventi di sostegno e/o di consapevolezza delle modalità di fronteggiamento e delle proprie emozioni. Crediamo che l’aiuto in tal senso, volto anche ad accrescere le capacità genitoriali necessarie per gestire la delicata situazione del proprio figlio, oppure ad aiutarlo a rielaborare ciò che ha affrontato con il supporto della psicologa, abbia una valenza significativa nell’incrementare la Qualità di Vita del bambino e della sua famiglia, ma anche fornire migliori Servizi intervenendo in modo adeguato e mirato nelle situazioni che causano sofferenza.