Progetti in corso
GENERAZIONE DI ORGANOIDI DA TUMORE PROSTATICO IN STADIO AVANZATO PER LO STUDIO DI TRATTAMENTI ONCOLOGICI PERSONALIZZATI.
Andrea Lunardi, PhD Associate Professor in Molecular Biology Computational Oncology Laboratory Centre for Integrative Biology (CIBIO) University of Trento
Il progetto è dedicato alla memoria di "Bruno Ravelli" ed è finanziato in parte da una donazione di amici e parenti.
Introduzione.
La World Health Organization (WHO) ha stimato nel 2021 approssimativamente 400.000 decessi per tumore alla prostata nei paesi industrializzati mentre il National Cancer Institute ha valutato in poco meno di 12 Bilioni di dollari la spesa degli Stati Uniti associata alle cure dei pazienti affetti da tumore prostatico nel solo 2018. Attualmente circa il 90% dei tumori prostatici si presentano confinati all’interno della ghiandola alla diagnosi ed hanno in genere prognosi favorevole sia che vengano trattati radiologicamente che chirurgicamente. Circa un 30% di questi tumori è destinato a progredire allo stadio metastatico tra i 5 e gli 8 anni dalla terapia. Peggiore è la situazione per i pazienti affetti da tumore ad alto rischio o localmente avanzato, la maggior parte dei quali, purtroppo, svilupperà metastasi.
Infine, una porzione piccola, ma non per questo meno importante, di pazienti presenta lo stadio metastatico della malattia alla diagnosi. Per gli stadi avanzati della malattia il trattamento d’elezione, nonch praticamente l’unico, resta quello ormonale. Nonostante la terapia sia inizialmente efficace nella quasi totalità dei pazienti, il tumore acquista resistenza in media dopo 18-24. Si definisce così l’inizio dello stadio della malattia definito ‘castrazione resistente’ per il quale i trattamenti chemioterapici soprattutto a base di taxani sono la linea terapeutica d’elezione. Purtroppo però solo un 30% dei pazienti riesce a varcare la soglia dei 5 anni dall’inizio della terapia (Mottet N. et al., 2018; Teo M.Y. et al., 2019; Swami U. et al., 2020). E’ chiaro che il tumore alla prostata necessità di maggiore attenzione da parte della ricerca pre-clinica e clinica con il chiaro obiettivo di delineare nuove strategie terapeutiche, da un lato sfruttando in modo appropriato farmaci già presenti in clinica (Caffo O., et al., 2016), mentre dall’altro definendone maggiormente il livello di efficacia (Smith M.R. et al., 2022; Hussain M. Et al., 2022). A conferma dell’importanza che il connubio tra ricerca pre-clinica e clinica riveste in campo oncologico, e’ di pochi giorni fa l’approvazione da parte della Food and Drug Administration americana di un nuovo radio-farmaco (Lu-PSMA 617) per il trattamento dello stadio metastatico resistente alla castrazione (Gafita A. Et al., 2021). L’azione genotossica dell’atomo radioattivo di Lutezio viene veicolata alle cellule tumorali prostatiche grazie alla presenza di una molecola (PSMA 617) in grado di riconoscere la proteina di membrana PSMA abbondantemente espressa dalle cellule tumorali. Una criticità che rimane fortemente legata all’uso di agenti chemio/radio terapici è la loro ridotta efficacia su cellule tumorali in stato quiescente. Tali cellule, spesso identificate come cellule staminali del tumore (Cancer Stem Cells), sono in grado di elaborare meccanismi di resistenza alla terapia generando masse tumorali sempre meno controllabili clinicamente (Aramini B. et al., 2022). Negli ultimi anni due importanti cambiamenti in oncologia hanno contribuito a migliorare considerevolmente la prognosi di pazienti affetti da specifiche forme tumorali: la Medicina di Precisione e le Terapie Immunologiche. La Medicina di Precisione si fonda sul concetto che ciascun tipo di tumore può essere classificato in molteplici sottotipi in base a specifiche alterazioni molecolari che lo caratterizzano. Ne consegue che sottotipi distinti risponderanno in modo diverso al medesimo approccio terapeutico e, viceversa, che l’identificazione di precise strategie terapeutiche a bersaglio accuratamente definite per ciascuno dei diversi sottotipi è essenziale per migliorare la prognosi dei pazienti (Lunardi A. et. al., 2014; Re A., et al., 2018). Tra i casi più evidenti dell’efficacia delle combinazione di terapie a bersaglio e stratificazione molecolare del tumore sono: il trattamento con Gleevec per la Leucemia Mieloide Cronica dipendente dall’oncoproteina BCR-ABL (Wong S. et al., 2004), la combinazione di acido retinoico all-trans e triossido di arsenico per il trattamento della Leucemia Promielocitica Acuta dipendente dall’oncoproteina PML-RARa (Nardella C. et al., 2011), l’uso degli inibitori (Erlotinib, Gefitinib, Lapatinib) del recettore per il fattore di crescita epiteliale (EGFR) nel tumore del polmone non-a-piccole-cellule caratterizzato da mutazioni del recettore stesso, l’inibizione mediante anticorpi monoclonali del recettore tirosin-chinasico HER2 nel tumore al seno caratterizzato da amplificazione dello stesso (Friedlaender A. et al., 2022). Nel 2018 il premio Nobel per la Medicina è stato assegnato all’americano James P. Allison ed al giapponese Tasuku Honjo per aver identificato specifici approcci immunologici in grado di riattivare l’azione anti-tumorale del sistema immunitario tenuta ‘sedata’ dal tumore stesso mediante precisi meccanismi molecolari. Le strategie immunologiche in questione sono ormai solidamente entrate nella pratica clinica per il trattamento di alcune tipologie tumorali prima fra tutte il melanoma (Carlino M.S. et al., 2021). In conseguenza di una elevatissima frequenza di mutazioni genetiche le cellule del melanoma espongono sulla loro membrana un numero elevatissimo di antigeni ‘tumore-specifici’ (neo-epitopi) e diverrebbero facile preda del sistema immunitario se non fosse per la loro potente azione sedativa. La somministrazione di anticorpi monoclonali in grado di bloccare tali meccanismi riattiva il sistema immunitario innescando così una forte risposta anti-tumorale. Sebbene l’efficacia degli approcci immunologici sia considerata particolarmente adatta per i tumori definiti ‘caldi’ ovvero altamente riconoscibili dal sistema immunitario grazie alla cospicua presenza in membrana di neo-epitopi (Figura 1), specifiche sottoclassi di tumori considerati genericamente ‘freddi’ potrebbero comunque rispondere positivamente a stimoli immunitari come evidenziato da alcuni trial clinici con gli inibitori del check-point immunitario in pazienti con tumore al polmone, fegato, mammella, vescica e prostata (Robert C. 2020; Sharma P. et al., 2021). Razionale Nel 2014 il gruppo di Hans Clevers (vincitore del premio Pezcoller 2021) ha definito la metodica per generare organoidi da tessuto prostatico sia murino che umano (Karthaus W.R. et al., 2014). Gli organoidi sono un’incredibile risorsa per la ricerca oncologica consentendo finalmente lo studio in vitro di sofisticati avatars di tessuto adulto del quale mantengono architettura e fisiologia. L’utilizzo di organoidi di tessuto prostatico sano murino ci ha permesso per esempio di identificare i meccanismi che governano l’omeostasi del tessuto prostatico adulto, definendo i segnali molecolari che ne regolano il rapporto tra proliferazione e quiescenza delle cellule progenitrici, il loro differenziamento nella linea luminale, ma anche di scoprire il ruolo di eventi genetici molto precoci nel processo tumorigenico prostatico (Cambuli F. et al., 2022; Lorenzoni M. et al., 2022). Recentemente grazie alla collaborazione con l’Università di Torino e ad un finanziamento del Ministero della Ricerca, abbiamo deciso di provare a generare organoidi di tessuto prostatico sano e tumorale prelevato mediante prostatectomia radicale da pazienti affetti da tumore prostatico di alto grado (Gleason 8/9). Nonostante sia noto che il protocollo per la generazione di organoidi prostatici umani è alquanto inefficiente, grazie probabilmente alla profonda esperienza acquisita in questi anni con gli organoidi di prostata murina, abbiamo generato organoidi prostatici sia da tessuto sano che dalla controparte tumorale del medesimo paziente (Figura 2). Grazie ad accurate analisi molecolari eseguite con gli organoidi prostatici murini sappiamo che gli organoidi derivati da tessuto prostatico sano hanno caratteristiche tipiche di cellule progenitrici/staminali tipiche dell’organo adulto (Cambuli F. et al., 2022), il che giustifica sia la loro capacità rigenerativa indefinita, l’indipendenza dagli androgeni per sopravvivenza e proliferazione, e la capacità di generare cellule luminali correttamente organizzate nella tipica architettura epiteliale ghiandolare in presenza di testosterone (Cambuli F. et al., 2022; Lorenzoni M. et al., 2022). Traslando tali principi agli organoidi umani se ne ottiene un modello di studio eccellente per la definizione da un lato dei processi implicati nell’omeostasi e rigenerazione del tessuto adulto sano, dall’altro dei circuiti molecolari che governano le cellule staminali tumorali. Tali nozioni potrebbero aprire la strada verso approcci di terapia a bersaglio sia di tipo farmacologico che immunologico con importanti ricadute nella pratica oncologica (Alaimo A. et al., 2020; Lunardi A. et al., 2021; Genovesi S. et al., 2022). Obiettivi Il progetto si propone tre obiettivi principali: Obiettivo 1 (1-12 mo): Ampliare la casistica di organoidi prostatici umani derivati da tessuto sano e tumorale. Obiettivo 2 (2-8 mo): Definire le alterazioni genomiche caratterizzanti gli organoidi tumorali. Obiettivo 3 (4-12 mo): Identificare possibili bersagli molecolari la cui modulazione farmacologica possa favorire l’efficacia terapeutica di approcci oncologici convenzionali. Attività di Ricerca Obiettivo 1. Ci aspettiamo di ricevere dai collaboratori di Torino 24 campioni prostatici nell’arco dei prossimi 12 mesi. Una volta giunto al CIBIO nell’arco delle 12/18 ore dalla chirurgia, il tessuto prostatico umano verrà immerso in 1/1,5 mL di una soluzione di Dispasi II/Collagenasi II e dissociato sia enzimaticamente che meccanicamente mediante apposite pinzette da microdissezione. Il tessuto frammentato sarà poi trasferito in un apposito contenitore (Miltenyi Biotec, 130-093-237) e disgregato a livello di singole cellule utilizzando il programma A.01-C del dissociatore gentleMACS (Miltenyi Biotec, 130-093-235). La soluzione verrà quindi centrifugata a 300 g per 5 minuti, il sopranatante eliminato ed il pellet risospeso in 1 mL di una soluzione di TrypLE + 1 μg/mL DNAse I + 10 μM Y-27632, trasferito in un tubo Eppendorf da 1,5 mL e incubato per 15 minuti a 37°C. Dopodichè, le cellule saranno centrifugate a 300 g per 5 minuti, lavate due volte con PBS-BSA 0,1%, filtrate con appositi filtri e contate con la camera di Bürker. Approssimativamente 20.000 cellule verranno rispospese in 50 μl of AdDMEM4 + 10 μM Y-27632 in un tubo Eppendorf al quale si aggiungeranno 200 μl di Matrigel® (Corning, 356231) or BME-2 (AMSBIO, 3533). La soluzione sarà suddivisa in aliquote da 40 μl che verranno depositate sul fondo di una piastra da colture cellulari, fatte solidificare in un incubatore (5% CO2, 37°C) per 20 minuti e quindi coperte con apposito terreno condizionato da un cocktail di specifici fattori di crescita. La crescita degli organoidi sarà seguita giornalmente mediante microscopia. In base alla nostra esperienza, le cellule prostatiche cresceranno inizialmente molto lentamente come aggregati cellulari. Verranno perciò recuperate dalle gocce di Matrigel® e seminate nuovamente in Matrigel® fresco con medium e fattori per alcune settimane (6-8) fino a che i primi organoidi non saranno chiaramente visibili. Questi, una volta raccolti, disgregati e le cellule nuovamente piastrate daranno origine alle nuove linee che si andranno ad aggiungere a quella già esistente permettendo così di ampliare la casistica e consolidare statisticamente i dati. Obiettivo 2. Le linee di organoidi normali e tumorali saranno utilizzate per analisi di tipo genomico allo scopo di identificare le alterazioni molecolari che caratterizzano la linea tumorale. L’estrazione del DNA genomico verrà effettuata con il kit della Sigma GenElute™ Mammalian Genomic DNA Miniprep seguendo il protocollo fornito. Una volta quantificato e definita la purezza mediante analisi spettrofotometriche i vari campioni verranno consegnati alla facility di Next Generation Sequencing del CIBIO per la preparazione delle apposite librerie e successivo sequenziamento. I risultati verranno accuratamente interpretati mediante apposite pipeline di analisi computazionale disponibili in CIBIO. Infine, le signatures genomiche identificate verranno confrontate con quelle descritte in letteratura in modo da associare le linee di organoidi generate a specifiche classi tumorali. Obiettivo 3. Sfruttando la facility di HighTroughput operante al CIBIO ed in particolare il sistema robotizzato di trattamento e analisi Operetta, gli organoidi sani e tumorali verranno sottoposti ad uno screening farmacologico sfruttando specifiche librerie di farmaci e molecole presenti in facility. Gli organoidi sia sani che tumorali verranno cresciuti in piastre da 96 pozzetti, sottoposti tutti ad approcci standard di terapia ormonale (deprivazione androgenica combinata con enzalutamide, abiraterone, darolutamide e apalutamide) e chemioterapica (docetaxel, cabazitaxel), ed infine trattati in modo automatizzato con singole molecole/farmaci presenti nella libreria. La risposta degli organoidi ai trattamenti verrà valutata tramite analisi della vitalità cellulare con appositi coloranti fluorescenti e quantificato dal sistema di imaging computerizzato del sistema Operetta. Rilevanza Quello prostatico è considerato un tumore piuttosto eterogeneo per quanto riguarda le alterazioni molecolari che lo caratterizzano. Sebbene alcune di queste ricorrano con una certa frequenza e siano sfruttate dal punto di vista terapeutico (terapia ormonale), identificare una terapia che possa essere efficace nel lungo periodo per tutte le diverse classi molecolari del tumore è pressochè impossibile. Il concetto di Oncologia Personalizzata si basa invece sull’ottimizzazione dei trattamenti clinici in funzione delle caratteristiche molecolari del tumore. In questo scenario, la generazione di organoidi derivati da tumori primari in stadio avanzato (Gleason >8) permetterà di identificare specifiche vulnerabilità di popolazioni di cellule staminali tumorali, notoriamente resistenti alle terapie convenzionali, distinte sulla base delle alterazioni molecolari che ne sostengono la tumorigenicità.
PROGETTO DI RICERCA
IL RUOLO DEI GENI RIPARATORI DEL DNA NELL'ADENOCARCINOMA PROSTATICO
Francesca Demichelis, PhD Associate Professor in Molecular Biology / ERC Investigator Head of Computational Oncology Laboratory Centre for Integrative Biology (CIBIO) University of Trento
Esiste una famiglia di farmaci atti a danneggiare il DNA che si sta rivelando efficace in presenza di specifiche alterazioni genomiche nelle cellule tumorali. Tali alterazioni sembrano essere più frequenti in tumori prostatici aggressivi.
Il presente studio si prefigge:
1) di caratterizzare con esperimenti di biologia molecolare l’effetto di questi farmaci in presenza di un set specifico di alterazioni;
2) di verificare se e come tali alterazioni possano essere utilizzate come biomarcatori di tumore primari non indolenti (ovvero tumori che richiedono terapia invasiva).
Lo studio è in collaborazione con il Dipartimento di Urologia dell’Ospedale Universitario di Innsbruck.
Progetti terminati
PROGETTO DI RICERCA
PROGETTO POST-DOC "SMART4PAIN: PROGRAMMA PER LA GESTIONE DEL DOLORE RICORRENTE/CRONICO PER GLI ADOLESCENTI ED I LORO GENITORI"
Paola Venuti PhD - Professore di Psicopatologia Clinica - Responsabile del Laboratorio di Osservazione, Diagnosi e Formazione - Direttrice del Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive, Università degli Studi di Trento
Alessandro Failo PhD - Assegnista di ricerca - Laboratorio di Osservazione, Diagnosi e Formazione - Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive , Università degli Studi di Trento
Breve introduzione sul dolore legato ai tumori in età pediatrico/adolescenziale.
Il dolore è un problema comune e spesso disabilitante nei pazienti affetti da una patologia oncologica. In passato si credeva che i trattamenti per curare il cancro eliminassero conseguentemente anche il dolore, ma negli ultimi 15 anni è stato riconosciuto che, anche dopo un efficace trattamento del tumore, molti pazienti continuano a provare dolore (Abernethy, Samsa, Matchar, 2003). Il dolore dei bambini e degli adolescenti con cancro può essere causato dal tumore stesso (che . PUÒ interessare diversi tessuti molli, ossa, visceri, il sistema nervoso centrale o periferico compresa la compressione sulla spina dorsale), dal trattamento tumorale (dolore post-operatorio, dermatite indotta da radioterapia, gastrite da vomito ripetuto, mal di testa persistente dopo la puntura spinale, alterazioni ossee indotte dai cortisonici, neuropatia anche chemio-indotta, infezioni, mucositi) e dalle procedure (venipuntura, puntura spinale, aspirato midollare, biopsie) (Fortier et al., 2011; WHO, 2012; Menassi, Lima, Correa, 2008; Oakes, 2011).
L'incidenza del dolore relato ai trattamenti e alle procedure nei tumori pediatrici varia dal 25% a11'84.4% (Collins et al., 2000; Miser et al., 1993}, mentre il dolore neuropatico che può permanere anche alla fine del percorso di cura della malattia è tra il17% ed il 39% (Anghelescu et al., 2014; Bennett et al., 2012). Nonostante l'ampia variabilità, si può però affermare che il doloreè regolarmente indicato dai bambini e dagli adolescenti come uno dei principali sintomi, se non il principale (Collins et al., 2000; Niscola et al., 2011; Miller et al., 2011; Van Cleve et al., 2012).
Il dolore non gestito ha conseguenze neurofisiologiche, sociali e psicologiche sia nel breve che nel lungo periodo (Pate, Blount, Cohen, & Smith, 1996; Taddio & Katz, 2005), e, nel cancro è collegabile a cambiamenti significativi della qualità della vita, all'aumento di sintomi depressivi e di stress post-traumatico (Ruccione, Lu, & Meeske, 2013). Inoltre, quando il dolore persiste oltre il
normale decorso della patologia, da sintomo si trasforma esso stesso in malattia.
Scopo e modalità di erogazione del programma SMART4Pain
Questo programma di gestione del dolore cronico/ricorrente tramite tecniche non invasive, è stato progettato per essere completato in 6 settimane e prevede due destinatari: genitori ed adolescenti. Le modalità di erogazione sono una parte online ed una in presenza, entrambe divise tra genitori e adolescenti.
Online, ogni settimana, almeno uno dei due genitori imparerà (o approfondirà) vari argomenti legati al dolore e scoprirà diverse strategie per la gestione delle problematiche che il/la figlio/a affronta a causa del dolore. Alla fine di ogni argomento (modulo) ci sarà un'attività assegnata.
Sempre online, gli adolescenti affronteranno anch'essi vari argomenti legati al dolore e scopriranno diverse strategie per poterlo gestire al meglio. Alla fine di ogni modulo ci sarà un
breve quiz, un diario del dolore ed un'attività assegnata.
I genitori e gli adolescenti, per passare al modulo successivo, devono completare integralmente quello precedente.
Genitori e figli avranno accessi separati al programma online (=password individuali) e la possibilità di confrontarsi tra genitori e tra adolescenti sulle tematiche legate al dolore tramite un FORUM.
In parallelo, accanto alla parte svolta online, questo programma prevede anche in simultanea degli incontri specifici, faccia a faccia, con un'esperto nella gestione del dolore (6 incontri come i moduli della parte online).
La prerogativa di questo programma è che gli obiettivi da porsi per la gestione del dolore (Pain)
devono essere SMART (chiari e raggiungibili) quindi:
• Specifici (semplici, sensibili)
• Misurabili (significativi, motivanti)
• Attuabili (concordati, raggiungibili)
• Rilevanti (ragionevoli, realistici e basati sulle effettive possibilità)
• Tempo-dipendenti (raggiungibili in un tempo limitato, con un equilibrio tra il tempo ed il costo in termini di fatica e ottenibilità)
Schema riassuntivo per rendere più chiaro lo sviluppo dell'intero programma
Parte online svolta dagli ADOLESCENTI
6 MODULI.
Per ogni modulo sono previsti:
• Video introduttivo
• Contenuti di testo
• Quiz
• Diario del dolore settimanale
Attività da svolgere per l'incontro in presenza
FORUM specifico peer to peer
Parte in presenza svolta dagli ADOLESCENTI
6 INCONTRI.
• Messa in pratica dei contenuti dei moduli online
• Verifica delle attività svolte a casa
• Trattamento di specifici problemi
L'obiettivo è apprendere per capire ed utilizzare
Parte online svolta dai GENITORI
6 MODULI.
Per ogni modulo sono previsti:
• Contenuti di testo in parte simili a quelli dei figli ed in parte specifici (problem solving)
• Attività da svolgere per l'incontro in presenza
FORUM specifico per i genitori
Parte in presenza svolta dai GENITORI
6 INCONTRI.
• Approfondimento della parte specifica sul problem solving
• Verifica delle attività svolte a casa
• Trattamento di specifici problemi
L'obiettivo è condividere e sviluppare più competenze per saper sostenere
Definizione specifica e dettagliata di target, partner coinvolti e ricadute
Questo programma è destinato ad adolescenti (età 11-18 anni) che soffrono di dolore ricorrente/cronico ed ai loro genitori (presumibilmente 15 famiglie).
Anche se le tipologie di dolore possono essere di diverso tipo e, così come la letteratura indica, differenti frequenze nelle diverse condizioni pediatriche, il target principale sono i dolori legati al cancro (in particolare: sequele trattamenti, neuropatie, cause non specifiche per i fuori terapia).
Gli incontri in presenza si svolgeranno presso il Laboratorio di Osservazione, Diagnosi e
Formazione (Rovereto).
É nostra intenzione sottoporre il progetto anche all'Ospedale San Maurizio di Bolzano e all'Ospedale Santa Chiara di Trento.
Partner principale del progetto sarà la Fondazione Trentina per la Ricerca sui Tumori.
La promozione del Progetto SMART4Pain avverrà tramite il sito della Fondazione, deii'ODFLab, di altre Associazioni di genitori di pazienti con malattie oncologiche (da individuare).
Si pianificheranno, assieme all'Ente Finanziatore principale (FTRT) incontri divulgativi e di
sensibilizzazione, al fine di reclutare il maggior numero di adolescenti con le caratteristiche indicate come principali (ovvero dolori legati all'ambito oncologico).
Le ricadute prospettate sono riassumibili in:
a) sviluppo di un programma integrato, per la prima volta pensato ed effettuato in Italia, specificatamente rivolto alle problematiche legate al dolore;
b) fornire un trattamento complementare alle terapie mediche in atto o già in essere al fine di
sottolineare che è la sinergia tra competenze e trattamenti la vera chiave nella presa in carico.
PROGETTO DI RICERCA
LA VALUTAZIONE DEL DOLORE E DELLE STRATEGIE DI COPING IN ETA' PEDIATRICA (7-14 anni)
Paola Venuti Ph.D. - Professore di Psicopatologia Clinica - Università degli Studi di Trento
Alessandro Failo - Dottorando di ricerca - Università degli Studi di Trento
Introduzione
Il dolore è un sintomo molto frequente nel corso di una malattia e, fra tutti, è quello che più pesa e impaurisce il bambino, oltre la famiglia. Comprenderlo, studiarlo e trattarlo, diventa ancor più importante quando divenendo cronico si trasforma in malattia assumendo una connotazione più ampia. Una Task Force Ministero della Salute creata per studiare un modello di assistenza funzionale e realizzabile anche in ambito pediatrico ha evidenziato che stimoli dolorosi non trattati adeguatamente in età pediatrica hanno effetti importanti sulla prognosi attuale e futura del piccolo paziente (Benini et al., 2010).
Le conoscenze raggiunte consentono una diffusa pratica dell’analgesia, eppure ancora oggi, nella realtà clinica, la gestione del dolore nel bambino è spesso affrontato in modo non adeguato (Jacob et al., 2008; Blount e Loiselle, 2009; Benini et al., 2010). Per questo motivo abbiamo pensato ad uno studio in grado di cogliere la complessità della sofferenza adottando come quadro teorico di riferimento il modello biocomportamentale del dolore pediatrico formalizzato da Waldron e Varni nel 1994 (Axia, 2004; White e Farrel, 2006): il modello ipotizza che le strategie di coping siano un fattore importantissimo che interviene nel delineare le differenze individuali nella percezione del dolore, nella reazione comportamentale allo stesso e nella determinazione dello stato funzionale dell’organismo (Varni, 1989, 1995; Axia, 2004; Berrin et al., 2007; Ryee, 2011). L’età gioca un ruolo importante nella scelta delle strategie di coping più efficaci per affrontare una situazione stressante (Band e Weisz, 1988; Bull e Drotar, 1991; Compas, 2001, Currier et al., 2009). In generale, i bambini più grandi utilizzano maggiormente strategie di coping cognitive e strategie di controllo secondario (adibite a massimizzare la propria capacità di convivere con una situazione stressante), rispetto a bambini più piccoli (Rudolph et al, 1995; Ziadni et al., 2012). Sulla base dei risultati riportati dalla letteratura americana (Altshuler e Ruble, 1989; Wilson et al., 1997; Herlin 2008; Melissa e Reeves, 2012), si potrebbe ipotizzare che anche i bambini italiani prediligano progressivamente strategie di tipo cognitivo con il crescere dell’età, quindi che i più grandi preferiscano tecniche di distrazione e autoistruzioni cognitive e che i bambini più piccoli preferiscano chiedere aiuto e conforto agli altri. I risultati di uno studio italiano e francese (Bonichini e Axia, 2000; Spicher 2003) hanno messo in evidenza una preferenza a tutte le età per la strategia di Supporto Sociale nei bambini ospedalizzati. La preferenza di strategie di tipo Supporto Sociale nel campione italiano, confermate anche nel nostro studio, rispetto a quello americano, potrebbe essere legata a modelli diversi di parenting, quindi legato alla cultura di appartenenza. C’è però da sottolineare che nell’ambito della malattia cronica vi sono poche ricerche empiriche che valutano come le caratteristiche temperamentali dei bambini possano influenzare l’adattamento e moderare la scelta di diverse strategie di coping, così come stress e coping nonostante siano strettamente interconnessi, vengono normalmente valutati separatamente con misure diverse per poter comprendere la relazione dinamica tra stress il coping (Pretzlik e Sylva, 1999; Bonichini e Moscardino, 2010). Vi sono invece studi specifici sulla relazione tra rabbia, strategie di coping, i relativi stati d’animo e gli aspetti psicosomatici nei bambini e negli adolescenti (Miers et al., 2007). Le implicazioni emotive sono dunque un aspetto importante nella gestione del dolore e dei vissuti ad esso legati come l’ansia, la rabbia, la paura o la tristezza (Shepherd et al., 2010). Dal momento che un fattore chiave è l'accettazione della condizione di malattia, gli adolescenti possono nascondere le loro risposte emotive al dolore (Ameringer et al., 2010); di conseguenza, l’utilizzo dei test grafici come tecniche proiettive nell’ indagare questi vissuti può rappresentare una metodologia veloce anche se non sempre inequivocabile (Tambelli et al., 1995), pertanto è importante confrontarli tra loro per ottenere una buona attendibilità (Serraglio, 2011). La capacità di autogestire la sofferenza diventa quindi di grande importanza per quelle condizioni dove il supporto sociale non è sufficiente, o, può integrarsi con esso (Logan, 2012). Le Tecniche Non Farmacologiche (TNF) sono ampiamente utilizzate nel bambino per il controllo del dolore da procedura e dell’ansia e paura che ne deriva; sono tecniche psicologiche derivate dalla teoria cognitivo comportamentale, e possono essere applicate da chiunque sia preparato (medici, infermieri, genitori, volontari) (Vessey e Carlson 1996; Pederson e Harbaugh, 1999; Donnell, 2002); si utilizzano anche nel dolore cronico in quanto complementari alla terapia antalgica (Ekwueme, 2009; Best Practice, 2010). Lo scopo delle TNF è quello di allontanare la mente del bambino dal dolore e paura che sta vivendo in quel momento, tramite un processo di dissociazione mentale che permette il raggiungimento di uno stato di trance in cui è possibile controllare le sensazioni fisiche dolorose (Lambert, 1999; Caprilli, 2010; Kuttner, 2006, 2011). Vi sono vari esempi internazionali di gestione del dolore in termini globali con programmi dedicati sia nell’emergenza (Illinois EMSC, tra Illinois Department of Public Health e Loyola Medical Center) che per il dolore acuto, cronico, totale in un’ ottica di continuum delle cure (Children’s Hospitals and Clinics of Minnesota; The Pain Management Program is part of the Department of Anesthesiology and Critical Care Medicine at The Children's Hospital of Philadelphia). In Italia tra le realtà più attive troviamo il Servizio di Terapia del Dolore e Cure Palliative dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Meyer di Firenze; il Centro regionale Veneto di Terapia Antalgica e Cure Palliative Pediatriche e il Servizio di Controllo del Dolore Cronico e le Cure Palliative Pediatriche dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova.
Scopo e ipotesi di ricerca
Vogliamo verificare tramite un protocollo di ricerca che abbiamo già messo a punto, se esistono differenze nel modo in cui bambini e preadolescenti affrontano la sofferenza nelle gravi patologie con una componente importante di dolore. Per farlo approfondiremo nello specifico i vissuti e le correlazioni con il dolore e le strategie di fronteggiamento ad esso associato a livello:
a) infragruppo (capire come e se si differenziano i bambini con una leucemia rispetto a quelli con un
tumore solido),
b) intergruppo (oncologiche vs reumatiche vs fibrosi cistica vs malattie rare),
c) per fasce di età (7-10 anni vs 11-14 anni).
Analizzare nello specifico i vari vissuti permetterà sia di avere una rappresentazione significativa della
sofferenza dei bambini nei vari gruppi sia un profilo individuale per singolo bambino.
Parallelamente a questo punto vorremmo sviluppare ed incrementare le metodologie di supporto per ogni
bambino, quindi le Tecniche Non Farmacologiche di controllo del dolore (TNF) quali Distrazione,
Rilassamento, Visualizzazione, Desensibilizzazione, Respirazione. Vorremmo quindi verificare l’efficacia di
queste proposte tramite:
a) la strutturazione di un programma di formazione per gli operatori che a vario titolo di occupano della sofferenza dei bambini e dei loro genitori; b) dare la possibilità ai genitori, tramite gli operatori, di capire quali strategie adottare per supportare i loro figli; c) fornire strumenti e tecniche agli operatori per gestire gruppi di intervento con i ragazzi dove potranno discutere le modalità di fronteggiamento disfunzionali per renderle più efficaci.
Metodologia
La ricerca verrà portata avanti utilizzando metodologie sia di tipo quantitativo che qualitativo necessarie
per le finalità precedentemente descritte.
Il progetto consisterà in due fasi:
1.
raccolta definitiva del campione e analisi quantitativa delle strategie di coping
2.
sperimentazione di un modello di formazione per gli operatori a supporto di bambini e preadolescenti per le procedure di fronteggiamento e successiva messa a regime della formazione.
Campione
La ricerca è stata preceduta da un progetto pilota che ha evidenziato la necessità di approfondire i dati raccolti ampliando il campione: fino ad ora siamo arrivati a 40 soggetti in età evolutiva. Questo studio condotto nelle U.O. di pediatria di Trento con Direttore la Dott.ssa Annunziata Di Palma e Rovereto con Direttore il Dott. Ermanno Baldo verrà svolto su un campione totale di almeno 50 bambini suddivisi in due fasce di età: 25 bambini (7-10 anni) e 25 pre-adolescenti (11-14 anni) maschi e femmine di qualsiasi nazionalità (purché comprendano la lingua italiana ad un livello tale da potersi esprimere fluentemente) che si trovano in un reparto di degenza della Pediatria dell’Ospedale Santa Chiara di Trento e dell’Ospedale di Santa Maria del Carmine di Rovereto. Reclutare quindi in totale almeno 50 bambini.
Strumenti
Gli strumenti che verranno utilizzati per l’analisi quantitativa (fase 1) sono:
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Scala Visiva Analogia numerica correlata alla Wong-Baker Faces Pain Rating Scale (metodi cognitivi di autovalutazione sull’intensità del dolore).
• Questionario su come i bambini reagiscono al dolore PPCI -Pediatric Pain Coping Inventory-(coping, aspetti comportamentali).
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Test carta e matita: Disegno della Persona di Machover, Disegno della Famiglia, Reattivo dell’Albero di Koch (proiettivi, aspetti emozionali).
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Matrici Progressive di Raven CMP e SPM (intelligenza fluida e strategie cognitive di coping) -solo in caso di insufficienza delle informazioni riguardanti le capacità cognitive del partecipante
Gli strumenti che verranno utilizzati per l’analisi qualitativa (fase 2) sono:
• Osservazione sistematica e schede di verifica per la valutazione degli interventi.
Ricadute cliniche
La ricaduta clinica sarà tangibile visto che i dati che emergeranno da questa ricerca saranno disponibili per la psicologa del reparto, i medici e gli infermieri, potendo così pianificare degli interventi di sostegno e/o di consapevolezza delle modalità di fronteggiamento e delle proprie emozioni. Crediamo che l’aiuto in tal senso, volto anche ad accrescere le capacità genitoriali necessarie per gestire la delicata situazione del proprio figlio, oppure ad aiutarlo a rielaborare ciò che ha affrontato con il supporto della psicologa, abbia una valenza significativa nell’incrementare la Qualità di Vita del bambino e della sua famiglia, ma anche fornire migliori Servizi intervenendo in modo adeguato e mirato nelle situazioni che causano sofferenza.
Risultati attesi
ALTERAZIONI GENOMICHE RICORRENTI QUALI BIOMARCATORI PREDITTIVI DI RISPOSTA AL TRATTAMENTO DI BRACHITERAPIA IN PAZIENTI CON CANCRO DELLA PROSTATA
Responsabile del progetto: Francesca Demichelis, CIBIO Università di Trento.
Altri enti coinvolti: Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, Fondazione Bruno Kessler, Weill Cornell Medical College.
La radioterapia è un metodo efficace di trattare i pazienti affetti da tumore prostatico. La maggior parte degli individui risponde in maniera soddisfacente e conduce una vita di buona qualità. Tuttavia alcuni individui dimostrano progressione nonostante la terapia. Lo scopo di uno studio condotto dal Centro di Biologia Integrata dell’Università di Trento (F. Demichelis) in collaborazione con l’Ospedale Santa Chiara, la Fondazione Bruno Kessler , la Fondazione Trentina per la Ricerca sui Tumori, e con il Weill Cornell Medical College di New York è di identificare biomarcatori molecolari in grado di selezionare in maniera tempestiva i pazienti che non beneficeranno della radioterapia e per i quali un altro trattamento potrebbe essere più adeguato. Lo studio ha dimostrato risultati alquanto incoraggianti. La combinazione di due biomarcatori rilevati su biopsie tessutali discrimina con successo i pazienti che hanno un rischio di recidiva significativamente più alto (pari a 3 volte il rischio dei pazienti con assenza dei biomarcatori). Questo risultato ha un potenziale applicativo molto elevato poiché, se validato in casistiche indipendenti, potrebbe introdurre un nuovo fattore discriminante nella pratica clinica. I risultati dello studio verranno presentati al congresso dell’Accademia statunitense e canadese di Anatomia Patologica e sono parte di un manoscritto in visione presso una rivista scientifica. Lo studio è finanziato dalla Fondazione Trentina per la Ricerca sui Tumori .
CONTENUTI DELLA BORSA DI STUDIO "MARIO DE LUCA":
nota di sintesi
La borsa di studio “Mario De Luca” fornisce sostegno alla ricerca in ambito universitario, presso il Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale e Meccanica dell’Università di Trento. In particolare, dal 2011 la Fondazione ha fornito il sostegno ad un primo anno di attività di ricerca, volta ad evidenziare le maggiori criticità derivanti dagli inquinanti atmosferici a più elevato potenziale cancerogeno, seguito dal sostegno al primo anno di una ricerca di dottorato, focalizzato sulla proposta di strategie per la riduzione degli impatti di inquinanti come diossine e furani, policlorobifenili (PCB) e benzene sulla popolazione esposta. Grazie al sostegno della Fondazione e alla generosa donazione della Famiglia De Luca di Cles (TN), è stata fatta luce su situazioni di esposizione agli inquinanti fino ad ora sottostimate e per le quali non esiste ancora un controllo dal punto di vista normativo.
Inoltre, si è focalizzato l’attenzione sull’individuazione di punti deboli nell’attuale normativa ambientale, che, si è scoperto, tende a sottostimare il rischio cancerogeno derivante dall’esposizione a livelli di inquinamento considerati accettabili dall’attuale assetto normativo. Diverse proposte, volte al superamento di tali limitazioni, sono state formulate e i risultati sono stati pubblicati a convegni e riviste scientifiche internazionali, a riconoscimento dell’importante ruolo della Fondazione nella ricerca e nella divulgazione scientifica. Inoltre, lo studio della catena alimentare ha consentito di creare un modello per stabilire un valore limite di deposizione al suolo (su campi e pascoli) per le diossine, in modo da preservare la popolazionedall’in gestione di cibi contaminati. Le diossine infatti tendono ad accumularsi nei tessuti grassi di animali e in alcuni vegetali, entrando poi nella catena alimentare e arrivando fino a noi. Tale risultato riveste grande importanza, poiché il concetto di “limite di deposizione al suolo” è ancora assente a livello normativo. Alcune ndicazioni sono state già recepite dall’Agenzia per l’Ambiente locale, a dimostrazione della necessità di fare luce sull’argomento e l’importanza dei risultati fin qui conseguiti. L’adeguamento della normativa ambientale e l’imposizione di limiti più stringenti agli inquinanti cancerogeni deve andare di pari passo con lo studio dei sistemi di trattamento delle emissioni di inquinanti atmosferici. Per questo motivo, l’attività di ricerca finanziata dalla Fondazione e dalla Famiglia De Luca si sta ora concentrando sull’ottimizzazione di tecnologie che si sono dimostrate promettenti, in fase sperimentale, per l’abbattimento di tali inquinanti. L’obiettivo finale è quello di iniziare un percorso per la riduzione della tossicità cancerogena delle emissioni in uscita da attività industriali e non.